Anche il Lago di Garda ad “alto” rischio sismico: urgenti i lavori di messa in sicurezza degli edifici
Comunicato stampa di ANCE Verona.
I recentissimi terremoti in centro Italia hanno dimostrato che là dove sono stati effettuati dei lavori di adeguamento sismico si sono salvate tante vite umane. Perciò, al di là di tutti i proclami, fare prevenzione è veramente vitale e si pone come un dovere mettere mano a tutti gli edifici vulnerabili in caso di terremoto. Siccome tutti gli esperti ci dicono che è difficile indovinare quali potrebbero essere le prossime faglie in movimento, non rimane che attivarsi seriamente.
Sono 7 i Comuni della provincia di Verona situati in zone con possibilità di “forti terremoti” (cosiddetta “Zona 2”) secondo la delibera regionale del Veneto n.67/2003: Badia Calavena, Brenzone, San Mauro di Saline, San Zeno di Montagna, Torri del Benaco, Tregnago e Vestenanova. Il Lago di Garda, infatti, è attraversato dalla faglia del Monte Baldo, inserito per questo nella mappa sismica d’Italia in zona di colore arancio, cioè al “alto rischio”.
Per questi Comuni la legge n. 90/2013 prevede che fino al 31 dicembre 2016 sia riconosciuta una detrazione del 65% per interventi che adottano misure antisismiche su costruzioni che si trovano in zone ad alta pericolosità cioè 1 o 2, sia si tratti di abitazioni principale oppure di attività produttive.
Tuttavia il Presidente di Ance Verona, ing. Fortunato Serpelloni ritiene importante ribadire che è fondamentale intervenire nell’adeguamento non solo nelle zone ritenute più a rischio (visto che si tratta di una previsione di rischio che nella realtà potrebbe cambiare), ma di estendere l’opera di prevenzione in maniera sistemica su tutto il nostro territorio.
“Le iniziative del Governo per la messa in sicurezza e, soprattutto, la ricostruzione dei territori a rischio sismico fanno ben sperare che si possa finalmente dare il via a una nuova stagione che poggi innanzitutto sulla presa di coscienza che si deve trattare di interventi non più procrastinabili. A cominciare da quel grande piano di prevenzione che, ritengo, sia il punto di partenza sulle misure da mettere in campo. E’ necessario esaminare il costruito esistente, distinto per destinazione d’uso, epoca di costruzione e tipologia della struttura edilizia, a seconda della zona di rischio, in modo da quantificare la dimensione necessaria degli interventi di messa in sicurezza. Vi è un grande numero di edifici insicuri e obsoleti nel territorio: basti pensare che il 74% degli immobili residenziali nelle zone a maggior rischio è stato costruito prima dell’operatività della norma antisismica. A mio avviso sono quattro le linee d’azione: i contratti di compravendita e locazione dovranno essere corredati da una scheda informativa sui rischi sismici del territorio e sull’edificio; obbligo di diagnosi dell’edificio dal punto di vista statico e sismico, detraibile fiscalmente; detrazioni d’imposta per gli interventi di adeguamento sismico per tutti gli immobili, non solo a quelli situati nelle zone classificate 1 o 2 come è ora; sanzioni a chi non ha messo a norma gli edifici, dopo 10 anni dal varo del piano di prevenzione, nelle zone a maggior rischio sismico”. Serpelloni, quindi, prosegue: “Sarebbe inoltre il caso di affrontare anche in Italia il tema della copertura assicurativa degli immobili, attraverso un dialogo con imprese di assicurazione, istituzioni e cittadini per la definizione di un pacchetto assicurativo dedicato agli edifici e in grado di coprirne i rischi. Una forte assunzione di responsabilità è necessaria comunque dalla Pubblica Amministrazione. Occorre destinare risorse alla manutenzione di scuole, ospedali, edifici pubblici in genere, che a ogni terremoto, inondazione o frana, si sgretolano”.